Tuesday, November 12, 2013

CALCIO - La squadra di Joey Saputo alle prese con il nodo allenatore



Impact, sempre più incerto il futuro di Schällibaum

MONTRÉAL - Chiusa in fretta la pratica Playoff con un’eliminazione bruciante in Texas per mano della Dynamo Houston, nei giorni scorsi l’Impact di Montréal ha archiviato la stagione ufficiale convocando in sede una serie di conferenze stampa. Incontri che però non hanno sciolto i dubbi sulla prossima stagione. I primi ad incontrare i giornalisti sono stati il presidente Joey Saputo e il direttore generale Nick De Santis, che non hanno nascosto la propria delusione per il finale di campionato tutt’altro che entusiasmante. Un’ombra che ha allontanato Marco Schällibaum dalla panchina, o quantomeno ne ha impedito una pronta e convinta conferma. Per il momento la società si è presa qualche giorno per riflettere, prima di prendere una decisione definitiva. “È bello sapere che il nostro allenatore voglia restare con noi, è innamorato della città e della squadra – ha detto Saputo - ma noi dobbiamo pensare al bene del club nel lungo periodo. Se saremo sulla stessa lunghezza d’onda una volta che avremo analizzato gli aspetti positivi e negativi della stagione, allora sicuramente continueremo insieme. Ma ci vorrà del tempo per portare a termine questa valutazione. Abbiamo iniziato bene ma finito male: sarà importante capire perché”. “Vi assicuro che sul banco degli imputati non c’è solo l’allenatore - gli ha fatto eco De Santis -: tutti dovranno prendersi le proprie responsabilità”. Anche i giocatori, quindi, devono meritarsi la riconferma. Non saranno più tollerati blackout come quello che ha portato la squadra a perdere quota nelle ultime giornate fino alla deblacle con 3 espusioni nello spareggio in Texas. “Voglio scusarmi con i tifosi – ha detto il presidente - per il nostro comportamento nel finale della partita di Houston: non è stato degno della storia e dello stile del nostro club”. Non solo ombre, però: il patron ha ricordato come nel 2013 l’Impact abbia conquistato il Campionato canadese e segnato complessivamente 50 gol: “Alla squadra do un voto di 7 su 10: domandate al Toronto come si sente dopo 7 stagioni che cerca di accedere ai Playoff!”. Dal canto suo, Marco Schällibaum si sente tranquillo, anche se nasconde a fatica l’inquietudine che avvolge il suo futuro incerto: “Sicuramente avrei preferito che le cose fossero andate diversamente, ma nel mondo del calcio tutto questo è normale: il primo a pagare è sempre l’allenatore, ma non ho paura. Succede la stessa cosa anche in Europa, rispetto la situazione. In ogni azienda, a fine anno, quando i numeri non tornano, ci si pone delle domande. Il comportamento della società è legittimo: bisogna fare meglio la prossima stagione, con o senza me in panchina. Per quanto mi riguarda, ho espresso il desiderio di restare. È stato un campionato molto positivo, almeno fino ad un mese fa”. Sulla decisione della società peserà anche lo spogliatoio, che non è tutto con lui. Se gli italiani Alessandro Nesta (che ha appeso gli scarpini al chiodo) e Marco Di Vaio (che ha rinnovato per un altro anno) hanno confermato la loro fiducia all’allenatore, altri giocatori non hanno nascosto le proprie perplessità. Su tutti i due esclusi illustri nell’ultima partita contro Houston: Patrice Bernier e Davy Arnaud. “Sto bene – ha detto il primo - e sono amareggiato per non aver giocato la partita decisiva della stagione. Mi sentivo pronto a stare in campo anche 120 minuti”. “Dire che sono deluso è un eufemismo – ha aggiunto dal canto suo il capitano -: non ero d’accordo ma rispetto la decisione del mister di lasciarmi in panchina”. Due prese di posizione pesanti: la loro conferma anche per la prossima stagione significherebbe probabilmente la fine dell’era Schällibaum a Montréal. E viceversa. 
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Il governo del Québec ha depositato il disegno di legge sulla Carta dei valori



Stop ai simboli religiosi per i dipendenti pubblici

Québec  Dopo oltre due mesi di voci, smentite, polemiche, manifestazioni e raccolte di firme, giovedì scorso il governo pechista ha depositato il progetto di legge numero 60 sulla ‘Carta dei valori quebecchesi”. Il governo, dunque, fa orecchio da mercante e va dritto per la sua strada. Nonostante le feroci critiche provenienti dal Canada anglofono, l’opposizione del PLQ e delle comunità culturali, il rischio di incostituzionalità ventilato dai giuristi dal Ministero della Giustizia, il parere negativo della Commissione quebecchese dei diritti della persone e la ferma contrarietà di Ottawa e del Comune di Montréal, il Primo Ministro Pauline Marois è sempre più convinta della necessità di approvare “la Carta, – questo il titolo ufficiale -  che afferma la laicità e la neutralità religiosa dello Stato, oltre che la parità tra uomo e donna”. Il testo recita che “i membri del personale di un organismo pubblico non devono portare, nell’esercizio delle proprie funzioni, un oggetto – come un copricapo, un capo di abbigliamento o un gioiello - che manifesti, in maniera ostentata, un’appartenenza religiosa”. Banditi dalle istituzioni pubbliche, dunque, hijab, burqa, kippa, turbante, sikh e croce cristiana. Al ‘diktat’ devono uniformarsi anche le educatrici, le infermiere e i funzionari municipali. Sono invece esclusi gli eletti dell’Assemblea Nazionale, salvo un voto unanime dell’aula. Per quanto riguarda il crocifisso all’Assemblea Nazionale, il disegno di legge ‘delega’ la stessa aula parlamentare a decidere se mantenere o meno il simbolo cristiano. Tutti i funzionari pubblici hanno un anno di tempo per adeguarsi alla legge. Fanno eccezione le strutture sanitarie, i cégep, le Università e le municipalità, che possono  usufruire di un’ulteriore esenzione di 4 anni. Periodo che, per gli ospedali, può anche raddoppiare. Il massimo della transizione, però, non va oltre i 9 anni. Tutti coloro che verranno assunti dopo l’adozione della legge non potranno beneficiare di nessuna esenzione. Sono previsti, infine, dei compromessi ragionevoli, ma solo se rispondono a dei criteri prestabiliti e se rispettano il principio di uguaglianza di genere, di laicità e neutralità dello Stato. Per Bernard Drainville, Ministro reponsabile delle Istituzioni democratiche e della Partecipazione cittadina, la Carta sarà “una fonte di armonia e di coesione per il Québec”.  Permetterà ai quebecchesi “di avvicinarsi e di conoscersi meglio – ha aggiunto – dando vita ad uno spazio comune senza distinzioni religiose”. “La diversità del Québec è una ricchezza – ha sottolienato la Marois -: oggi abbiamo posto le basi per costruire una diversità che duri ancora più a lungo”. PLQ CONTRO, CAQ POSSIBILISTA – Il leader del Partito liberale, Philippe Couillard, ha ribadito la ferma contrarietà del suo partito: “Oggi è un brutto giorno per il Québec – ha detto -: è un giorno di profonda rottura con una storia lunga più di 400 anni, una storia di apertura, di ospitalità e di integrazione”. Couillard ha accusato il governo di discriminazione al lavoro, “soprattutto contro le donne: è un disegno di legge impraticabile, illegale e incostituzionale”. “Oggi – ha aggiunto – abbiamo assistito ad un attacco frontale contro i diritti e le libertà di tutti i quebecchesi: è un atto che crea una profonda frattura nella società”. Couillard si oppone anche al ritiro del Crocifisso dall’Assemblea Nazionale, in quanto parte del “patrimonio storico e culturale della Provincia”. Più morbida la posizione della CAQ. La portavoce della Coalition avenir Québec in materia di cultura, Nathalie Roy, ha riconosciuto che “una Carta è necessaria”, augurandosi di poter collaborare più attivamente con il governo. MONTREAL CONTRARIA: RISOLUZIONE E MEMORIA. Il neo sindaco di Montréal, Denis Coderre, ha ribadito la sua forte contrarietà alla legge perché “la Carta divide, mentre la neutralità dello Stato è compatibile con una laicità aperta e inclusiva”. Il prossimo passo sarà l’adozione di una nuova risoluzione da parte del nuovo consiglio comunale e la presentazione di una ‘memoria’ al governo provinciale. “Abbiamo sempre sostenuto – ha concluso – che l’integrazione non vuol dire uniformità e che una delle peculiarità di Montréal è proprio la sua diversità culturale”. OTTAWA PRONTA A CONTESTARE LA CARTA.Il Ministro federale del Multiculturalismo, Jason Kenney, ha ribadito che, qualora la Carta venisse adottata, il governo chiederà un parere giuridico al Ministero della Giustizia al fine di verificare la conformità della legge quebecchese alla Carta canadese dei diritti e delle libertà. I conservatori sono convinti che,    nel caso in cui fosse interpellata, la Corte Suprema dichiarerebbe la Carta incostituzionale.

L’INTERVISTA - La presidente del Friuli Venezia Giulia in missione a Toronto e a Ottawa



Serracchiani: più rapporti commerciali e culturali con il Canada

Promuovere e rafforzare i rapporti economici, industriali ed enogastronomici tra il Friuli Venezia Giulia e la Provincia dell’Ontario, accentuando, parallelamente, la collaborazione istituzionale e quella scientifico-culturale tra gli atenei delle due sponde dell’Atlantico. Soprattutto alla luce dell’accordo di libero scambio siglato a metà ottobre tra Canada ed Unione Europea. Sotto questi auspici si è svolta la missione regionale della presidente Debora Serracchiani (in carica dal 22 aprile 2013) che, il 4 e 5 novembre scorsi, è venuta in Canada accompagnata da una selezione di imprese (arredamento, agroalimentare, impiantistica ad alta specializzaione) e da una delegazione istituzionale formata dal presidente di Unioncamere Fvg Giovanni da Pozzo, il magnifico rettore dell’Università di Udine Alberto Felice de Toni e il presidente di Confindustria Udine Matteo Tonon. Un viaggio strategico, anche in considerazione degli oltre 80.000 canadesi con radici in Friuli Venezia Giulia. Una realtà importante, che ha spinto recentemente Ottawa ad aprire un Consolato del Canada a Udine, presieduto dal Dott. Primo Di Luca. LA VISITA. Mentre le aziende sono state impegnate a Toronto in una serie di B2b con le controparti locali, lunedì 4 la delegazione istituzionale è volata a Ottawa, dove è stata ricevuta dal Ministro federale Julian Fantino, originario anche lui del Friuli. Martedì 5, invece, si è tenuto l’incontro con il Premier dell’Ontario Kathleen Wynne. Raggiunta per telefono, la Governatrice (che è stata anche deputata al Parlamento europeo dal 2009 al 2013) ci ha spiegato così la scelta del Canada per la sua prima missione fuori dall’Europa: “Questo viaggio assume anche un significato simbolico, oltre che economico e sociale: il Canada è stato un Paese storicamente molto ospitale con i nostri migranti friulani e giuliani, che ancora oggi mantengono stretti rapporti con la terra d’origine”. Proprio i connazionali sono i veri ambasciatori dell’Italia nel mondo. “Assolutamente sì. Tra l’altro, in questo momento ci sono due necessità epocali: ripensare i rapporti con i corregionali all’estero e istituire dei rapporti con le seconde e terze generazioni, altrimenti i loro figli rischiano di crescere troppo lontani dal Belpaese. Sono proprio loro a chiederci di mantenere un contatto, che può diventare anche un’occasione per intessere dei rapporti commerciali e culturali. Non a caso, infatti, ad accompagnarmi c’è anche il rettore dell’Università di Udine: vorremmo creare dei rapporti di scambio con studenti e insegnanti insieme alle Università dell’Ontario”. Cosa può fare la regione, concretamente, per essere più vicina ai suoi corregionali in Canada? “Le faccio un esempio: la delegazione è formata anche da 5 imprese, che in questi giorni hanno svolto degli incontri, in alcuni casi estremamente proficui, con altrettante imprese di origine friulana. E che daranno vita a delle relazioni commerciali. Stiamo avviando dei rapporti che coinvolgano i nostri corregionali per continuare a sviluppare un contesto che non appartenga più soltanto al passato, ma che guardi al futuro arricchendosi di nuove potenzialità. Tanto che, da quando esiste questo tipo di relazioni, sono aumentati sia le importazioni che le esportazioni tra la regione e il Canada”. Rapporti commerciali che portrebbero facilitare la riscoperta delle proprie radici.“Certo, sono un modo per rafforzare l’identità, ma anche per guardare al futuro: un’esigenza che avvertono soprattutto le nuove generazioni”. Che idea si è fatta dei friulani in Canada? “Molti di loro hanno avviato delle imprese di successo che poi lasciano ai figli; i quali, a loro volta, hanno ereditato dai genitori questa voglia di emergere. E devo dire che questa forte coesione, questa volontà di coinvolgere le nuove generazioni, anche quelle che non parlano italiano, che non conoscono il friulano, può avvicinare ancora di più le due sponde dell’Atlantico”. In Italia, però, si parla poco dei connazionali all’estero. “Nella nostra regione, anche per la storia particolare dell’emigrazione, se ne parla e pure tanto. A livello nazionale, invece, la materia non è molto trattata, a meno che non si fanno delle regole come quelle per il voto degli italiani all’estero o per la ratifica degli accordi bilaterali. Secondo me è un tema che va non solo riscoperto, ma anche rafforzato nelle sue opportunità, proprio come stiamo facendo in Friuli”. Cosa pensa del voto degli italiani all’estero? “Penso che sia stata e sia un’occasione per mantenere un forte legame con la Madrepatria. Purtroppo, però, per come è stata poi applicata, forse non si è dimostrata del tutto funzionale. Quindi, probabilmente, andrebbe ripensata, facendo una valutazione insieme ai nostri connazionali”. Si sente la presidente di tutti i friulani nel mondo?  “Per come sono stata accolta in Canada, direi proprio di sì: ho notato un grande spirtito di appartenenza, c’è ancora una voglia pazzesca di mantenere vivo il legame con la propria regione”.

La Casa d’Italia ha festeggiato i suoi 77 anni al ‘Madison’ di St-Léonard (Montreal)



La  sofferenza dell’emigrante: “Mamma, papà e l’Italia”


Una donna che, ‘in punta di tacchi’, abbraccia teneramente il suo uomo: è questa l’immagine-simbolo (la foto campeggia anche sulla copertina del depliant illustrativo della serata) che riassume il tema del 77º Gala della Casa d’Italia (“L’arrivo in Canada”) che si è tenuto il 9 novembre scorso nella cornice della sala da ricevimenti ‘Madison’, a St-Léonard. Un omaggio allo “sbarco” di tanti immigrati italiani (in una sorta di ‘trilogia’ che ha visto la serata dell’anno scorso dedicata alla partenza e che vedrà quella dell’anno venturo consacrata all’integrazione) che hanno avuto la forza di sfidare l’incertezza e l’ignoto per realizzare il loro sogno più grande: garantire ai propri figli una vita libera dalle catene della fame, degli stenti e dei sacrifici. Come ha fatto Elisa Germano Pillarella, a cui le quasi 600 persone presenti in sala, tutte in piedi, hanno dedicato una commovente ‘standing ovation’ onorandola per aver dedicato tutta la sua vita ad assistere i nuovi arrivati. Nata a Ururi, paesino in provincia di Campobasso, nel 1920, e giunta a Montréal nel 1948, sin da subito si è impegnata ad aiutare i connazionali sbarcati, nelle veci di segretaria del ‘Comitato pro Nuovi Arrivati’, organismo creato da Mario Duliani, all’epoca caporedattore del giornale ‘La Verità’. Nel 1951, poi, ha aperto la prima biblioteca, nonché sala di lettura, alla Casa d’Italia. Ha insegnato latino, italiano e matematica a migliaia di studenti. Ed ha lasciato il Picai solo a 83 anni. Una vita vissuta con umiltà e in silenzio, al servizio del prossimo e della cultura italiana: per lei un mazzo di fiori e qualche lacrima di gioia. Un riconoscimento più che meritato per “la donna che ha saputo dare il dono della speranza” a tanti nostri connazionali. Ad introdurla agli invitati, un’impeccabile Ivana Bombardieri, nella duplice veste di ‘maître de cérémonie’ ed ospite speciale. Nata a Susa, in Provincia di Torino, anche Ivana è un esempio di immigrazione di successo. Arrivata in Canada quando aveva 14 anni, dal 1969 è la voce strorica di CFMB 1280. Nel corso della sua brillante carriera ha intervistato personalità del calibro di Pierre Elliott Trudeau e Gina Lollobrigida. A fare le veci di presidente d’onore, quest’anno, è stato Mario Rigante, della Banque de Montréal: sposato e con 3 figli, è membro del consiglio di amministrazione della Fondazione En Cœur, che fornisce un valido supporto ai bambini con malattie cardiache congenite e alla loro famiglie. “Quando sono stato ad Halifax – ha raccontanto - a visitare il molo ‘Pier 21’ (dove sbarcò la maggior parte degli emigrati italiani nel secondo dopoguerra), ho potuto rivivere sulla mia pelle l’esperienza di chi è sbarcato dalle navi. Come quella di mia madre, che non dimenticherà mai il padre gridarle invano, quando ormai la nave era salpata, di scendere e tornare indietro. Una scena straziante che mi è rimasta impressa nel cuore e che mi ha fatto capire cosa voglia dire essere italiani, avere dei valori e compiere dei sacrifici per garantire ai propri figli un futuro migliore”. Ivana ha poi ricordato la presenza di altri due ‘specials guests’: Robert Diodati e Mario Pampena, artisti che per oltre 40 anni hanno diretto ‘The Showmen Orchestra’ divertendo il pubblico siciliano, così come quello newyorkese, con sonorità disco/funk ‘temperate’ con quelle tipiche della salsa o del jazz, del blues e del folk. Parlando di musica e di Casa d’Italia, non poteva mancare il Corpo Musicale dell’Ordine Figli d’Italia, tornato in attività dopo 70 anni, sotto la guida del maestro trombettista Ron Di Lauro, nipote di quel Nicola Di Lauro, emigrato a Montréal nel 1913, membro fondatore dell’Ordine Figli d’Italia e suonatore di grancassa nella banda fondata nel lontano 1937. Tra gli ospiti in sala anche la Sen. Marisa Ferretti Barth, fondatrice del CRAIC), e Ani Samson, neo sindaco dell’arrondissment di Villeray-Saint-Michel-Parc-Extension. A chiudere la ‘giostra dei discorsi’ è stata la presidente del Centro culturale della Piccola Italia–Casa d’Italia, Angela Minicucci, anche lei figlia di immigrati (madre abruzzese e padre molisano). “Nel 1931 – ha detto -  a Montréal, c’erano 9 mila immigrati italiani e 20 mila di origine italiana. Il 1º novembre del 1935 nasceva la Casa d’Italia grazie proprio all’impegno di questi pionieri: questa sera, tra di noi, ci sono nipoti e pronipoti di questa prima generazione. Arrivare in Canada non è stato facile: gli italiani dovevano convivere con la triste realtà del razzismo. È con coraggio che siamo riusciti a fare la differenza: il nostro arrivo ha cambiato il panorama della città, grazie a bagagli piccoli ma pieni di valori, come l’onore, lo spirito di sacrificio e la dignità. Gli italiani hanno svolto i lavori più umili, nelle condizioni più avverse, ma erano felici. Nel 1971, il 55% dei canadesi aveva una casa: nello stesso anno, il 77% degli italiani era proprietaria di una casa. Nel 1973, l’83% dei canadesi è andato in vacanza: in quello stesso anno, solo il 18% degli italiani ha preso le ferie. Una volta, di fronte all’oceano, durante una vacanza nel New Jersey, chiesi a mio nonno, Giovanni Di Meo (nato in prov. dell’Aquila) mentre, distante e silenzioso, fissava l’orizzonte: ‘Cosa c’è dopo il mare?’. E lui mi rispose con 3 parole: ‘Mamma, papà e l’Italia’. Non oso immaginare la sofferenza dell’emigrante: le parole di mio nonno rimarranno per sempre nel mio cuore, perché sono il simbolo del suo sacrificio. La storia dell’emigrazione italiana a Montréal fa parte del nostro patrimonio collettivo: ogni storia ci rivela le più importanti storie di vita; e di questo noi, i vostri figli, nipoti e pronipoti, ve ne siamo grati”.

Thursday, November 7, 2013

Storico accordo di libero scambio tra Unione Europea e Canada




Un ponte sull'Atlantico

Bruxelles e Ottawa hanno posto le basi per intensificare i rapporti commerciali che avvicineranno ancora di più le due sponde dell’Atlantico

Bruxelles – Dopo quattro anni di serrate trattative, il 18 ottobre scorso il Canada e l’Unione Europea hanno raggiunto “una intesa di principio” su un accordo di libero scambio. Sia il Premier canadese Stephen Harper che il Presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso hanno definito l’accordo “storico”, “eccellente” e “win-win”. Entrambi i leader si sono detti “fiduciosi” sull’approvazione dell’intesa da parte delle Province canadesi, dei 28 Stati membri Ue e del Parlamento europeo. Barroso ha detto di ritenere che il processo di ratifica dovrebbe essere completato per il 2015. Per l’Europa, si tratta del primo accordo di libero scambio con un Paese del G8 e giunge mentre la Commissione europea sta negoziando intese simili con gli Stati Uniti e il Giappone. Sul fronte canadese, il governo provinciale del Québec ha accolto con soddisfazione l’accordo. Sul piede di guerra, invece, i produttori agricoli quebecchesi, soprattutto nel settore dei formaggi e dei latticini, secondo cui le importazioni dall’Europa passeranno da 14 a 32 mila tonnellate all’anno, compromettendo seriamente la competitività delle aziende locali.

Il pacchetto commerciale prevede che al momento dell’entrata in vigore vengano aboliti circa il 98% dei dazi oggi esistenti tra le due aree economiche. Tra le altre cose, l’accordo permetterà ai produttori canadesi di carne di avere accesso al mercato europeo e, viceversa, agli agricoltori europei di vendere latticini sul mercato nordamericano grazie al riconoscimento delle Indicazioni geografiche protette (Igp). L’Ue (che conta più di 500 milioni di consumatori) è il secondo partner commerciale del Canada dopo gli Usa, e rappresenta il 10,4% del commercio estero del Paese, che contribuisce al 60% del Pil nazionale. Secondo Barroso, l’accordo genererà 12 miliardi di euro all’anno per l’Ue e aumenterà del 22,9%, equivalente a 25,7 miliardi di euro, il commercio bilaterale di beni e servizi. Secondo il governo di Ottawa, l’intesa si tradurrà in 12 miliardi di dollari in più di Prodotto Interno Lordo con 80-100 mila nuovi posti di lavoro. Nel 2011, l’interscambio tra le due aree economiche è stato di 84 miliardi di euro. Da segnalare che l’accordo contiene anche misure relative agli investimenti, alla proprietà intellettuale e agli appalti pubblici.

Secondo una dichiarazione di Ottawa, l’accordo garantirà “una maggiore certezza, stabilità, trasparenza e protezione dell’investimento”. “Si tratta di un accordo commerciale molto ambizioso e di grandi dimensioni, che è fondamentale per l’economia dell’Unione Europea”, ha dichiarato Barroso. “Il Canada è una delle economie più avanzate del mondo. Questo accordo aprirà nuove interessanti opportunità per le imprese europee e canadesi, migliorando l’accesso al mercato di beni e servizi e fornendo nuove opportunità per gli investitori europei. Ci permetterà, inoltre di prendere piede nel mercato nord americano e quindi essere una fonte di crescita e di occupazione in Europa”, ha concluso Barroso.

Il governo italiano, dal canto suo, ha accolto con “grande soddisfazione” l’accordo. È stato il Presidente del Consiglio, Enrico Letta, a complimentarsi con Barroso e Harper. “L’Italia – ha ricordato in una nota il Premier – ha sostenuto con determinazione questo accordo quale leva di crescita e nuove opportunità e strumento per rafforzare i legami tra le due sponde dell’Atlantico. Abbattere le frontiere e favorire gli scambi è fattore efficace per supportare la crescita”. L’accordo getta le fondamenta per un mercato unico atlantico e permetterà alle imprese italiane di espandere il Made in Italy e rafforzare la propria presenza in Canada. Il Vice Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, ha sottolineato che, grazie a questa intesa, l’Italia vedrà garantito il riconoscimento del diritto a commercializzare sul mercato canadese - con adeguata tutela - alcuni dei suoi principali prodotti agroalimentari di qualità con la loro denominazione di origine: dai prosciutti DOP (Parma, San Daniele, Toscano) al Parmigiano Reggiano e a formaggi come l’Asiago, la Fontina ed il Gorgonzola.

La manovra finanziaria di Ottawa



Discorso del Trono: deficit zero entro il 2015


Il Primo Ministro del Canada Stephen Harper corteggia i consumatori, valorizza i simboli nazionali, taglia la spesa pubblica  e inasprisce le pene contro i criminali

Ottawa – Stop, entro due anni, al deficit ed equilibrio di bilancio per legge: questi i principali obiettivi dell’ultima parte di legislatura del governo guidato da Stephen Harper. Nel tradizionale ‘Discorso del Trono’ tenuto nei giorni scorsi dal Governatore Generale David Johnston (dopo il minuto di silenzio in omaggio ai 47 morti della tragedia di Lac-Mégantic), il programma conservatore prevede interessanti agevolazioni per i consumatori, la rivalutazione dei simboli nazionali in occasione del 150º anniversario della Confederazione (e non solo), nuovi tagli alla spesa pubblica, la riforma, o l’abolizione, del Senato e l’inasprimento delle pene del codice penale. “Non solo il governo arriverà all’equilibrio di bilancio entro il 2015 – ha detto il Governatore, leggendo il testo preparato dal Primo Ministro -, ma depositerà un progetto di legge affinché ogni manovra finanziaria preveda un deficit zero con un calendario per il ‘rientro’ in caso di crisi economica.

 A due anni dalle elezioni, il Primo Ministro Harper, che ha ritirato il Canada dal protocollo di Kyoto, ha annunciato l’intenzione di imporre degli obiettvi di riduzione di gas all’industria petrolifera e a quella del gas di scisto. “Il nostro esecutivo – ha sottolineato – crede fermamente che lo sviluppo delle risorse naturali debba andare di pari passo con il rispetto dell’ambiente”. Alla luce anche del drammatico deragliamento di Lac-Mégantic, Ottawa imporrà nuovi e più stringenti vincoli alle compagnie ferroviarie che trasportano materiali pericolosi.  “Il nostro governo esigerà delle assicurazioni supplementari per poter coprire eventuali disastri”, ovvero risarcire le vittime e finanziare la ricostruzione.

Il governo ha poi ribadito l’intenzione di celebrare in pompa magna le date caratterizzanti della storia canadese nel corso dei prossimi 4 anni. Oltre al 150º anniversario della nascita della Confederazione, anche il 200º di due Padri fondatori come John A. Macdonald e Georges-Étienne Cartier, oltre al 100º anniversario della Prima Guerra Mondiale e al 75º della Seconda Guerra Mondiale. Harper, in questo modo, mira a rivitalizzare un patriottismo nazionale un pò assopito: “Così facendo, i nostri pionieri potranno ispirarci con il loro coraggio e la loro audacia”. Non poteva mancare il riferimento al Senato, nell’occhio del ciclone per lo scandalo delle spese di 3 Senatori conservatori: “Il governo resta convinto che lo status quo non possa durare a lungo: la Camera alta deve essere profondamente riformata, se non addirittura abolita”.

Per raggiungere il deficit zero, il governo punta a ridurre la spesa pubblica riducendo il numero dei funzionari (dopo i 19 mila già cassati negli ultimi anni): “Continueremo a tagliare i costi dell’amministrazione federale affinché il denaro dei contribuenti sia utilizzato nella maniera più giusta ed equilibrata”.

Per stimolare i consumi, Harper ha promesso alcuni provvedimenti-chiave, come la riduzione delle tariffe di roaming dei telefoni cellulari, la possibilità di acquistare i canali televisivi singoli, senza per questo essere costretti ad adottare un forfair prestabilito dal distributore; e il potenziamento della rete internet ad alta velocità nelle regioni rurali. Sulla Carta dei Valori quebecchesi la posizione di Ottawa è chiara: in caso di adozione da parte dell’Assemblea Nazionale, sarà contestata davanti ai tribunali, perché palesemente contraria alla Carta canadese dei diritti e delle libertà: “Il nostro esecutivo non esiterà a proteggere i diritti fondamentali di tutti i canadesi, se minacciati. Siamo per un multiculturalismo inclusivo: siamo 35 milioni di persone provenienti dai quattro angoli del pianeta e siamo grati al contributo di ciascuno, dai primi come dagli ultimi arrivati”.

 

Wednesday, November 6, 2013

La mostra a Montréal - La Serenissima dal Rinascimento al Barocco



Da Vivaldi a Tiepolo: Venezia tra arte e musica


Fino al 19 gennaio, il Museo delle Belle Arti presenta un viaggio nel tempo tra dipinti, stampe, disegni, strumenti musicali….e una gondola

È stata inaugurata il 12 ottobre scorso, al Museo delle Belle Arti di Montréal (1380, rue Sherbooke Est – 514  285 2000), la mostra "Splendore a Venezia - arte e musica, dal Rinascimento al Barocco, nella Serenissima". Dal 1488 fino al 1797, anno della caduta per mano di Napoleone: oltre 300 anni di splendore in cui l’arte (quella visiva come quella musicale) ha veicolato l’ambizione politica dei potenti del tempo, ritagliandosi un posto sempre più centrale e strategico nella vita economica, e non solo culturale, della Repubblica. Proprio come amava ripetere Gabriele D’Annunzio: “A Venezia, come non si può sentire se non in note musicali, così non si può pensare se non in immagini”. Si tratta di un vero e proprio viaggio interdisciplinare che permette di approfondire l'interazione tra le arti visive, la musica e la cultura politica nella città lagunare: le processioni, le organizzazioni di beneficenza, concerti, opere e festival, e compositori come Gabrieli, Monteverdi e Vivaldi. Ispirando gli artisti più importanti come Tiziano, Bassano, Strozzi, Tintoretto, Tiepolo, Guardi, Longhi e Canaletto, il matrimonio tra musica e belle arti ha dato infatti vita a capolavori della pittura. Oltre alle tele dei grandi maestri italiani, la mostra include 120 dipinti, stampe, disegni, codici miniati, strumenti originali d'epoca e testi di musica antica, provenienti da oltre 60 musei del Canada e del mondo. “Al Museo delle Belle Arti – ha spiegato la sua direttrice e curatrice, Nathalie Bondil – ora è impossibile vedere senza sentire e sentire senza vedere”. Due anni dopo l’apertura del ‘Bourgie Concert Hall’ (dove sono in programma eventi musicali e conferenze su tematiche rigorosamente “veneziane” per tutta la durata dell’esposizione), la musica ricopre ormai un ruolo centrale all’interno del Museo, perfettamente integrata come parte di un dialogo multidisciplinare con l’arte e la storia”. In una mostra sulla Serenissima, non poteva mancare l'imbarcazione tipica della laguna: la gondola. Per le sue caratteristiche di manovrabilità e velocità, è stata, fino all'avvento dei mezzi motorizzati, l'imbarcazione veneziana più adatta al trasporto di persone in una città come Venezia, le cui vie acquee sono sempre state quelle più usate per i trasporti. Che permette ancora oggi ai turisti di esplorare l'affascinante quiete dei canali minori e dell'imponente Canal Grande. L’esibizione si suddivide in tre temi: ‘Arte e Musica nella sfera pubblica’, che si articola in ‘Cerimonie e processioni’ e ‘Scuole e ospedali’; ‘Arte e musica nell’ambito privato’, che si articola in ‘Musicisti’, ‘Concerti’ e ‘Scene di strada’; ‘Arte, musica e mitologia’, con le sezioni ‘Mitologia’ e ‘Opera’. Ad accompagnare i visitatori, che hanno tempo fino al 19 gennaio per immergersi in questo percorso artistico-musicale, c’è anche un’audio-guida gratuita, che abbina ad una particolare opera d’arte o strumento musicale uno specifico brano della tradizione classica.

A NEW YORK UN ALTRO SINDACO “ITALIANO”: BILL DE BLASIO

Originario di Sant’Agata dei Goti (Benevento), è il quarto sindaco italo-americano dopo La Guardia, Impellitteri e Giuliani. Ha conquistato il 73% dei voti e vuole battersi contro le diseguaglianze sociali ed economiche della Grande Mela


Gli italiani restano un'eccellenza. Almeno all'estero. Il nuovo sindaco di New York è Bill de Blasio, 52 anni: il primo sindaco democratico dopo 20 anni, ma anche il quarto sindaco italo-americano di New York. Negli anni '20, i suoi nonni materni, Giovanni ed Anna, emigrarono negli Stati Uniti da Sant'Agata de Goti, in provincia di Benevento. Prima di lui, due i nomi che hanno segnato la storia della Grande Mela: Fiorello La Guardia (figlio d'immigrati pugliesi di Cecchignola), primo cittadino dal 1934 al 1945, e Rudolph Giuliani ( i nonni erano di Montecatini), in carica dal 1994 al 2001. Senza dimenticare il meno famoso Vincent Impellitteri (originario di Isnello, in provincia di Palermo), che guidò la città dal 1950 al 1953.

VITTORIA SCHIACCIANTE - De Blasio ha preso il 73% dei voti, solo 24% per il suo sfidante, il repubblicano Joe Lotha. Una vera e propria debacle per il pupillo dell’ex sindaco Rudolph Giuliani, che si proponeva come il candidato più in continuità con i 12 anni di regno incontrastato del miliardario Michael Bloomberg. Il nuovo primo cittadino ha incentrato tutta la sua esaltante campagna elettorale sulla lotta contro le diseguaglianze sociali ed economiche nella Grande Mela.

LE PRIME PAROLE DA VINCITORE - "Miei concittadini newyorchesi: oggi vi siete espressi forte e chiaro per una nuova direzione nella nostra città, uniti nella convinzione che la nostra città non debba lasciare nessun newyorchese indietro": sono le prime parole di de Blasio dopo la proclamazione, in una Brooklyn in festa. La festa soprattutto dei latini e dei neri: circa il 90% di loro, infatti, ha espresso il proprio voto per de Blasio.

ANCHE L'ITALIA LO CELEBRA - Festeggiano anche Sant'Agata de' Goti e Grassano: i nonni (da parte di madre) di de Blasio, Giovanni e Anna, erano emigrati negli States in cerca di fortuna. Lui di Sant'Agata, lei di Grassano. "Ci ha messo solo 70 anni per parlare tranquillamente inglese", ha detto Bill parlando scherzosamente di suo nonno. Il neosindaco non ha mai dimenticato le sue origini italiane. Nel 2010 ha portato i figli in Italia per far loro conoscere i paesi d'origine, e anche nel suo discorso dopo la vittoria ha ricordato Sant'Agata e Grassano.

UNA FAMIGLIA MULTIETNICA -  Il successo di de Blasio è merito anche della sua famiglia multietnica: la moglie Chirlane, caraibica (e da giovane lesbica dichiarata), e i figli Chiara e Dante. Quest'ultimo, 15 anni, capigliatura afro super-appariscente, già simbolo della battaglia per i diritti dei neri, con alcune sue dichiarazioni ha dato qualcosa in più alla campagna elettorale del padre.

DE BLASIO TIFOSO DEL NAPOLI - Il nuovo sindaco è tifoso del Napoli e nelle settimane scorse ha espresso il desiderio di assistere presto ad una partita degli azzurri al San Paolo. A lui, subito dopo l'elezione, è arrivato anche il messaggio di congratulazioni da parte del presidente del club partenopeo, Aurelio De Laurentiis: "Complimenti a Bill De Blasio. Un uomo della nostra terra diventato sindaco di New York, la città più importante e famosa del mondo".


Tuesday, November 5, 2013

PLAYOFF MLS



Impact subito fuori

Prova incolore degli 11 montrealesi che subiscono 3 gol dalla Dynamo Houston e, nel finale, perdono la testa terminando la gara in 8 contro 11. Centrato l’obiettivo stagionale ma per l’anno prossimo servono rinforzi e forse anche un nuovo allenatore

Montréal – Il sogno Playoff è durato poco: solo 90 minuti. Poi l’Impact è uscito di scena nella maniera peggiore: 3 gol e 3 espulsioni. Un finale da dimenticare, che getta un’ombra (speriamo passeggera) sulla forza di un gruppo che nelle ultime settimane si è smarrito, fino al punto di collezionare solo passi falsi. Se è vero che a inizio stagione l’obiettivo dichiarato erano i Playoff, col tempo la squadra è riuscita a sorprendere tutti guidando la classifica dell’Associazione dell’Est per diverse giornate, tanto da alimentare legittimamente il sogno di alzare l’asticella dell’obiettivo stagionale. Peccato, però, che l’Impact abbia clamorosamente esaurito con largo anticipo la benzina. Perdendo quota, fino a conquistare l’accesso alla serie eliminatoria per il rotto della cuffia, grazie cioè alla vittoria di New York contro Chicago. Il tentativo di serrare i ranghi e ritrovare le energie fisiche e mentali di inizio stagione si è rivelato solo una cocente illusione: in Texas l’Impact ha giocato la partita più brutta del campionato, con un finale in cui sono saltati gli schemi, ma anche la testa dei giocatori. La sensazione è che la squadra abbia bisogno di uno shock per ritrovare l’intensità di inizio stagione. Con Marco Di Vaio riconfermato, Joey Saputo dovrà fare 2-3 acquisti mirati per aggiungere qualità, soprattutto in difesa. Lo stesso allenatore Marco Schällibaum sembra aver fatto il suo tempo sulla panchina. Alla lunga, le sue reazioni plateali, dettate da un nervosismo scomposto, sembrano aver piuttosto nuociuto alla squadra. Tanto che nelle ultime ore si rincorrono voci di corridoio secondo cui potrebbe essere addirittura Alessandro Nesta a prendere il suo posto. Joey Saputo non avrebbe digerito l’eliminazione, ma soprattutto la parabola discendente degli ultimi 2 mesi. Quella contro lo Houston Dynamo, il 31 ottobre scorso, è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso: un 3-0 senza appello, firmato da Buts (16’), Garcia (27’) e Bruin (72’). Una sconfitta bruciante resa ancora più pesante prima dalla doppia ammonizione di Rivas (al rientro dopo un anno out per infortunio) e poi dalla doppia espulsione nel finale di Marco Di Vaio e Andres Romero, puniti per un parapiglia generale. L’argentino ha perso la testa e scalciato il difensore di Houston Ashe, gesto che ha scatenato una rissa in cui è rimasto coinvolto anche il bomber ex Bologna. Davvero una pagina buia per il club. A fine gara, le parole di Marco Schällibaum suonano come un addio: “Abbiamo cominciato bene ma, una volta subìto il primo gol, non siamo più stati capaci di rimontare. I cartellini rossi che abbiamo preso, invece, non fanno bene all’immagine della squadra”. “È un peccato finire la stagione in questo modo – ha sottolineato Hassoun Camara -: serate come queste ci aiuteranno a crescere e a fare bene già l’anno prossimo”. Appuntamento alla prossima stagione, dunque, con la viva speranza che l’Impact possa fare una stagione più equilibrata, magari puntando su una preparazione fisica che faccia uscire la squadra alla lunga, evitando partenze a razzo e finali imbarazzanti. 

IL COMMENTO SULLE ELEZIONI MUNICIPALI A MONTREAL


Coderre vince, ma non stravince

I due terzi degli elettori montrealesi non hanno votato per l’ex Ministro liberale

“Tutto deve cambiare perché nulla cambi……”. È la massima de ‘Il Gattopardo’, di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Una massima sempre attuale, ad ogni latutidine e longitudine, che ‘casca a fagiolo’ per interpretare il voto montrealese. Dopo gli scandali di collusione e corruzione di cui si è macchiata la classe dirigente ‘vecchio stampo’, ci si aspettava un sussulto d’orgoglio. Doveva essere il voto del cambiamento, della protesta, di una nuova ‘rivoluzione tranquilla’. E invece, alla fine, l’ha spuntata un politico per eccellenza: Denis Coderre (una personalità fino ad oggi irreprensibile, ma, suo malgrado, simbolo di una politica datata). Tra i suoi candidati figurano molti ‘pezzi da novanta’ provenienti dal chiacchierato Union Montréal, come Alan DeSousa, Marvin Rotrand e Michel Bissonnet. Ma il vento dell’antipolitica, incarnato per l’occasione da un’avvocatessa brillante ma sconosciuta ed inesperta, ha soltanto sfiorato un ‘peso massimo’ come l’ex deputato liberale: il suo carisma ha avuto la meglio sull’esperienza municipale di Bergeron, sulla competenza economica di Coté e sulla freschezza coraggiosa di Joly. Ha avuto ragione lui: gli elettori hanno premiato il suo prestigioso ‘pedigree’ di politico federale. Eletto nella contea di Bourassa per 16 anni, dal 1997 al 2013, è stato anche Ministro dell’Immigrazione dal 2002 al 2004: un lusso a cui Montréal non ha saputo rinunciare. Ma con giudizio e senza staccare cambiali in bianco. Se è vero, infatti, che gli elettori hanno scelto il candidato più credibile e dal curriculum  più autorevole, il classico politico di professione, dall’altra è anche vero che hanno deciso di sorvegliarlo da vicino con un’opposizione per nulla remissiva. Insomma, Coderre ha vinto, sì, ma non ha stravinto. E la città non trabocca di entusiasmo. Tanto è vero che il neo sindaco ha conquistato il 32,12 % dei consensi, molto meno di quanto gli accordavano i sondaggi (che lo davano oltre il 40%) e addirittura meno di quanto raccolto da Gérald Tremblay nel 2009 (il 37.9%, ovvero 159.020 voti), subito dopo lo scandalo dei contatori d’acqua. A conti fatti, anzi, i due terzi dei montrealesi hanno votato diversamente. Sarebbe bastato che Coté e Joly si fossero uniti per battere senza difficoltà l’ex Ministro liberale. Ad agevolare Coderre è stata la dispersione del voto contro, così come un sistema elettorale maggioritario secco. Oltre ad una macchina organizzativa diffusa e capillare, che ha saputo serrare le fila dei sostenitori. Al contrario di quanto fatto da Melanie Joly, che si è ritrovata catapultata in una realtà al di sopra delle più rosee aspettative: la sua squadra improvvisata di volontari non è stata in grado di invogliare soprattutto i più giovani a recarsi alle urne. Il tasso di partecipazione, infatti, è aumentato di pochi punti, passando dal 39.4% al 43,30 % (ben al di sotto della media provinciale, pari al 50%): una crescita non sufficiente per cambiare il volto della politica montrealese. Ma sufficiente per dare a Coderre una vittoria più misurata, che si è tradotta in 27 seggi su 65 al consiglio comunale, quindi nella mancanza di una maggioranza relativa; e nella conquista di 8 arrondissements su 19  (nel 2005 erano stati solo 2 su 19 quelli ‘sfuggiti’ a Union Montréal, mentre 4 anni dopo erano saliti a 6). Due piccoli ‘segnali’ che suonano come un avviso: Coderre non può fare il bello e cattivo tempo, ma dovrà scendere a compromessi. Un modo per arginarne il potere e controllarne la discrezionalità. Certo, Coderre potrà sempre bypassare l’ostacolo accogliendo nella sua squadra gli 8 indipendenti eletti, anche perché molti sono ex ‘generali’ di Union Montréal (come Luis Miranda, Marie Cinq-Mars, Manon Barbe e Claude Dauphin); senza trascurare il fatto che, a livello municipale, gli steccati partitici sono piuttosto aleatori. Sta a Coderre, adesso, non abusare della ‘fiducia non illimitata’ che gli hanno accordato gli elettori, amministrando la città nel segno del dialogo e della trasparenza. Potrebbe essere l’ultima occasione: se traditi, tra 4 anni gli elettori potrebbero voltare le spalle ai vecchi politici. E, questa volta, dare la propria fiducia anche ad un’avvocatessa sconosciuta ed inesperta.


Il 44º primo cittadino di Montréal eletto con il 32% dei consensi


Denis Coderre tende la mano: sarò il sindaco di tutti 

L’ex deputato liberale non potrà però contare sulla maggioranza relativa in consiglio comunale (27 seggi su 65) e si è aggiudicato solo 8 arrondissements su 19. Projet Montréal di Bergeron sarà l’opposizione ufficiale con 20 consiglieri. Grande exploit di Mélanie Joly: oltre 120 mila voti. Male Coté, fermo al 12.79%



































Montréal – È stata una vittoria netta, ma non schiacciante come ‘profetizzavano’ i sondaggi che lo davano oltre il 40%. L’ex deputato liberale a Ottawa, Denis Coderre, è diventato il 44º primo cittadino della metropoli quebecchese con il 32,13% dei voti contro il 26,48% della sua rivale più vicina, Mélanie Joly, di Vrai Changement pour Montréal. Al terzo posto Richard Bergeron con il 25.52% delle preferenze; mentre per Marcel Côté, fermo al 12,79 %, è stata una cocente disfatta. Tasso di partecipazione al 42.86%: in rialzo rispetto al 2009 (39.4%) ma ancora sotto la media provinciale (50%). A giocare un ruolo determinante nella vittoria di Coderre sono stati la ‘vicinanza’ con i cittadini, ma soprattutto l’esperienza e la notorietà politica. È il quarto sindaco di Montréal in 12 mesi, dopo Gérald Tremblay, Michael Applebaum e Laurent Blanchard. Dopo aver atteso che il voto si stabilizzasse con l’avanzare dello spoglio e dopo aver ricevuto l’investitura da parte degli ‘sconfitti’, domenica sera, alle 23.45, Coderre è salito sul palco dell’Astral dove, rivolgendosi ad oltre 200 persone festanti tra candidati e sostenitori, ha pronunciato un discorso di forte apertura, un chiaro appello all’unità: “Oggi – ha detto – è la vittoria della democrazia”. Ed ha subito teso la mano all’opposizione, su tutti a Marcel Côté, che ha definito un “gentleman”, un’ “ispirazione per Montréal”. “Voglio essere un Sindaco inclusivo, che unisce e assembla, sarò all’ascolto di tutti”, ha poi aggiunto. “Montréal – ha sottolineato – ha bisogno di ritrovarsi, Montréal ha bisogno di poter contare su uomini e donne che lavorino tutti insieme per ripristinare la fiducia nelle istituzioni e fare in modo che la città possa tornare a brillare”. Coderre ha annunciato di aver già preso contatto con alcuni Ministri e sindaci della Provincia, per mettere in chiaro la sua leadership non solo sull’isola ma anche a livello regionale. Il neo Sindaco ha proseguito tessendo le lodi della città: “Montréal è una metropoli importante e i suoi cittadini devono essere rispettati come tali”. Ed ha invitato i dipendenti comunali, e tutti coloro che hanno a cuore le sorti della città, a lavorare di comune accordo per il successo della metropoli. Riconoscendo, in pratica, la necessità di alleanze in consiglio comunale, vista la mancanza di una maggioranza autosufficiente. “Gli elettori hanno scelto Coderre come sindaco, ma ci hanno anche chiesto di lavorare insieme. Il nostro compito non è governare, ma amministrare: viviamo in una delle città più belle al mondo e dobbiamo assicurarci che la città funzioni, che torni ad essere rispettata in tutto il mondo; dobbiamo essere in grado di garantire dei servizi di qualità a tutti i nostri concittadini”. “Montréal – ha concluso – dovrà essere una città intelligente grazie alla tecnologia, ma sarà anche una città onesta”.

Mélanie Joly: da sconosciuta ad emblema del cambiamento. Lungi dall’essere triste e delusa per la vittoria di Coderre, Mélanie Joly si è presentata sorridente e soddisfatta davanti ai suoi sostenitori al teatro Plaza. Solo due mesi fa era una perfetta sconosciuta: in due mesi ha conquistato 1 elettore su 4. Nessuna ‘onda gialla’, dunque, ma una grande dimostrazione di forza e coraggio, che ha intercettato il voto degli scontenti rimandando di 4 anni l’appuntamento con il ‘vero cambiamento’. Il problema sarà mantenere vivo il partito fuori dalle stanze del potere visto che la sua ‘colistière’, Marie-Claude Johnson, non è stata eletta nell’arrondissement Côte-des-Neiges-Notre-Dame-de-Grâce. “Abbiamo sentito il vostro desiderio di cambiamento – ha detto rivolgendosi ai montrealesi – e vi assicuro che continuerò ad impegnarmi per portare avanti la battaglia del vero cambiamento, presentandomi al primo posto di consigliere di città disponibile”.

Richard Bergeron, solo terzo, potrebbe lasciare.  Richard Bergeron, al suo terzo tentativo per la poltrona di sindaco, ha rivolto ai suoi sostenitori un discorso molto breve, ricordando che Projet Montréal resta l’opposizione ufficiale al Comune e tendendo la mano a Coderre per rilanciare la città. “Non saremo un’opposizione di sola opposizione perché sarebbe sterile – ha detto -: se il sindaco ci chiederà di collaborare, lo aiuteremo a realizzare alcuni progetti”. Ma sul suo futuro ha preso tempo: “Entro 12 giorni deciderò cosa fare”.

Marcel Côté soddisfatto nonostante la sconfitta. Côté si è dimostrato soddisfatto ringraziando tutti i suoi candidati per il coraggio dimostrato. “Resto convinto – ha detto – che Montréal ha bisogno di una vera rivoluzione tranquilla: deve riformarsi dalle radici”. Anch’egli non potrà sedere in consiglio comunale: il suo ‘colistier’ non ce l’ha fatta nell’arrondissement Côte-des-Neiges-Notre-Dame-de-Grâce. Ma per la Coalition è stata una ‘Caporetto’: il sindaco uscente Laurent Blanchard è stato battuto nel distretto di Hochelaga, mentre l’ex Ministro Louise Harel ha perso in quello di Sainte-Marie. Unica nota positiva: l’altro confondatore del partito, Marvin Rotrand, è stato rieletto nel distretto di Snowdon.

Coderre senza maggioranza al consiglio e tra gli arrondissements. Coderre non potrà contare su una maggioranza autosufficiente in consiglio comunale: su 65 membri, infatti, solo 27 saranno della sua équipe (ne servono 33) contro 20 di Projet Montréal, 6 di Coalition Montréal, 4 di Le Vrai changement à Montréal e 8 indipendenti. Tra questi, però, alcuni sono molto vicini a Denis Coderre e quindi potenzialmente sarebbero pronti a sostenerelo in consiglio comunale. A Coderre non va meglio a livello di numero di arrondissements conquistati dai suoi candidati. Sono solo 8: Ahuntsic-Cartierville (Pierre Gagnier), Montréal-Nord (Gilles Deguire), Pierrefonds-Roxboro (Dimitrios Beis), Rivières-des-Prairies-Pointe-aux-Trembles (Chantal Rouleau), Saint-Léonard (Michel Bissonnet), Verdun (Jean-François Parenteau) e Villeray-Saint-Michel-Parc-Extenstion (Anie Samson). Anjou (Luis Miranda), Outremont (Marie Cinq-Mars), LaSalle (Manon Barbe) et Lachine (Claude Dauphin) saranno guidati da 4 sindaci indipendenti. Projet Montréal è riuscito a conservare Plateau-Mont-Royal (Luc Ferrandez) e Rosemont-La Petite-Patrie (François Croteau). Tanti i consiglieri eletti in arrondissements dove il partito non era presente prima del 3 novembre, come Outremont e Verdun. Le Vrai changement pour Montréal, invece, si è aggiudicato il Municipio di l’Île-Bizard-Sainte-Geneviève grazie a Normand Marinacci

Laval volta pagina con Marc Demers 

Laval - L’ex poliziotto Marc Demers, del ‘Mouvement lavallois’, si è aggiudicato l’elezione a sindaco di Laval mettendo fine al ‘regno’ ventennale di Gilles Vaillancourt. Demers si è imposto con il 44.2% dei voti, mentre il suo principale avversario, Jean-Claude Gobé, di ‘Action Laval’, non è andato oltre il 24.3%. Claire Le Bel, di ‘Option Laval’, ha raccolto solo il 12,4% dei consensi, mentre Robert Bordeleau, del ‘Parti au service du citoyen’, si ferma al 10.9%. Con 18 consiglieri su 22, Mouvement lavallois potrà contare su 18 eletti su 22 al consiglio municipale. Due dei quattro consiglieri d’opposizione sono stati eletti sotto i colori di Action Laval, mentre gli altri due sono indipendenti. L’elezione di Demers è però contestata dai suoi avversari politici, perché non avrebbe abitato in città per un periodo sufficiente prima di depositare la sua candidatura. A questo proposito, il Ministro degli Affari Municipali, Sylvain Gaudreault, ha dichiarato che non gli è ancora pervenuta nessuna contestazione formale.

A Régis Labeaume un mandato forte
Québec – Régis Labeaume, 57 anni, è stato rieletto a Quebec city con un plebisito: non soltanto, infatti, ha raccolto più del 74% dei consensi, ma ha praticamente blindato il consiglio comunale con 18 eletti su 21. Tre vanno all’opposizione: Yvon Bussières, Anne Guérette e Paul Shoiry di ‘Démocratie Québec’. Nel 2009 Labeaume era stato eletto con il 79.9% dei voti. Gli arrondissements di Beauport, Charlesbourg, La Haute-Saint-Charles e Rivières hanno espresso un voto di massa, con punte del 75%. Il leader di ‘Démocratie Québec’, David Lemelin, che ha ottenuto il 23.9% dei voti, non farà parte del consiglio comunale, dal momento che neppure il suo ‘colistier’, Conrad Verret, è riuscito ad imporsi. Così come sono fuori i consiglieri uscenti Ginette Picard-Lavoie e Patrick Paquet.