Friday, February 28, 2014

MLS - Impact, Di Vaio e Ferrari promuovono Klopas

I due giocatori dell’Impact danno il benvenuto al nuovo tecnico Klopas (“È diretto e ha le idee chiare”). Il bomber bacchetta l’ex allenatore Schallibaum (“L’anno scorso ci è mancata l’organizzazione”) ed entrambi avvisano la società (“I giovani vanno inseriti piano piano, servono giocatori importanti, con esperienza, in grado di aiutare la squadra a crescere e a migliorare”)
 
Manca meno di 10 giorni all’inizio della MLS, il campionato di calcio nordamericano, e l’Impact è già al lavoro per preparare al meglio la nuova stagione. La squadra montrealese è chiamata a riscattare un 2013 che ha lasciato l’amaro in bocca a tutti: prima una partenza a razzo, poi la lenta caduta, fino ai Playoff centrati all’ultimo momento e la partita a eliminazione diretta contro Houston persa 3-0 (ma soprattutto giocata male per tutti i 90’). Matteo Ferrari e Marco Di Vaio sono pronti a vivere una nuova stagione da protagonisti. La squadra, però, è ancora un cantiere aperto: è arrivato un nuovo allenatore: Klopas ha preso il posto di Shallibaum; è stato inserito qualche giovane di belle speranze, mentre sono partiti due pezzi da 90 come Nesta e Arnault. Troppo poco per puntare in alto. Anche perché, nel frattempo, gli altri (Toronto e Washington su tutti) stanno rafforzando la rosa con innesti di qualità. La finestra di mercato è aperta fino al 12 maggio: lo sa bene il direttore generale Nick De Santis, che ha fatto capire che qualche colpo in canna è già pronto. “Il fatto che lo zoccolo duro della squadra sia rimasto – ha detto – è molto importante, perché garantisce esperienza e continuità. Speriamo di poter concludere qualche acquisto nelle prossime settimane, senza trascurare il ritorno di Nelson Rivas, che l’anno scorso ha giocato una sola partita. Se sarà possible, proveremo a fare un colpo importante per migliorare la qualità della squadra”.

Di Vaio:  “Ci conosciamo, questo è un grande vantaggio. I tifosi la nostra forza” - Marco Di Vaio è carico e non vede l’ora di cominciare. L’allenatore ha detto che quest’anno farai 25 gol. “Io non ho promesso nulla. È dura restare sui livelli dell’anno scorso. Spero di arrivare in doppia cifra, prima, e solo dopo vedremo quello che si potrà fare. Per me l’obiettivo come tutti gli anni è fare 10 gol e poi vedremo”. 
Le tue sensazioni per la nuova stagione. “Siamo gli stessi dell’anno scorso, abbiamo perso qualche giocatore importante e c’è da scoprire qualche ragazzo nuovo. Non sarà facile. Sicuramente non possiamo responsabilizzare troppo i giovani perché gli daremmo una pressione troppo grande: i ragazzi vanno inseriti piano piano e vanno aiutati a crescere. La cosa positiva è che ci conosciamo e questo è un grande vantaggio. Sarà importante partire subito con un’organizzazione diversa: dobbiamo lavorare su un’idea comune, che è poi quella che ci è mancata l’anno scorso a fine campionato”.
Ti auguri che la società intervenga sul mercato? “Spero che la società capisca che magari possano arrivare giocatori in grado di aiutare questa squadra a crescere. Se deve arrivare qualcuno, mi auguro che sia un giocatore importante, congeniale al nostro progetto e che possa migliorare le prestazioni di questa squadra”.
Più dell’80% dei tifosi ha rinnovato l’abbonamento: “Siamo contenti perché, se i tifosi ci seguono, la squadra può rendere meglio. Sappiamo che quando giochiamo in casa l’ambiente è incredibile e questa è per noi un punto di forza”.
Come ti spieghi il calo dell’anno scorso? “Lanno scorso, secondo me, ci è mancata l’organizzazione. Abbiamo fatto bene finché le prestazioni individuali di ogni singolo giocatore sono state alte. Nel momento in cui gli altri ci hanno preso le misure, quando abbiamo dovuto giocare da squadra, abbiamo perso punti di riferimento. Per essere grandi devi avere un’organizzazione importante. Quando gli altri ti cominciano a conoscere, devi essere organizzato e preparato. Con Schallibaum preparavamo la partita soprattutto a livello mentale ed emotivo, non eravamo pronti ad affrontare squadre che si chiudevano e non ci affrontavano più a viso aperto. Koplas ha le idee chiare, è molto positivo e schietto, sa come costruire una squadra. Adesso dobbiamo seguirlo, capire in fretta le sue idee e speriamo che ci possa dare una grande mano”.

Ferrari:  “Puntiamo a finire in crescendo” - Matteo Ferrari è fiducioso: “Vedo grande energia, tanta positività all’interno del gruppo. Sono contento dell’allenatore, ha le idee chiare, è diretto, schietto, dice le cose giuste, conosce il campionato nordamericano”.
State provando un nuovo sistema di gioco? “In questo momento stiamo giocando con un 4-1-4-1 che si può trasformare anche in un 4-3-3. Poi magari le cose in futuro possono cambiare, anche perché non sappiamo ancora se arriveranno nuovi giocatori”.
Per il momento sono arrivati giovani di belle speranze. Che forse non sono sufficienti per il salto di qualità, come hai detto qualche giorno fa. “Ho soltanto detto che una squadra non può essere composta solo da giovani. I giovani portano tanta energia e positività, però nei momenti chiave della stagione io penso che i giocatori di esperienza sanno come stare in campo, e quindi servono. Fermo restando che io sono favorevole ai giovani, visto che siamo una squadra con un’età media piuttosto alta. In ogni caso, penso che sia ancora presto per dare dei giudizi, visto che il mercato è ancora aperto”.
L’anno scorso avete raggiunto i Playoff: dove volete arrivare quest’anno? “Puntiamo a fare bene, che è ciò che conta: puntiamo a non avere dei cali di rendimento come l’anno scorso, perché non ha senso partire forte e poi arrivare alla fine senza fiato. Preferisco partire in maniera più bilanciata e finire la stagione in crescendo. Non so dirti dove arriveremo perché nella nostra Conference ci sono squadre che si sono rinforzate parecchio, quindi sarà ancora più difficile. Ragioneremo giornata dopo giornata, cercando di essere un pò più equilibrati nelle prestazioni e nei risultati”.
A distanza di mesi, come ti spieghi il calo dell’anno scorso? “Ci sono stati tanti fattori: un calo fisico, mentale, gli infortuni, tante cose che non ci hanno aiutato. Purtroppo nei momenti difficili non siamo riusciti a ricompattarci e a capire i nostri problemi, per affrontarli e risolverli sul campo. Siamo stati fortunati ad aver fatto i playoff, li abbiamo affrontati male ma era inevitabile. Quest’anno puntiamo a fare meglio a livello di prestazioni, ma non so dove arriveremo”.




Canada, bilancio: nel 2015 torna il pareggio

Per risparmiare, il governo penalizza fumatori e funzionari federali. Ma stanzia fondi per la ricerca, investe sulla manutenzione delle infrastrutture e sulle ispezioni alimentari, oltre a migliorare il credito d’imposta per le adozioni



Ottawa – La lunga marcia di avvicinamento del governo verso il pareggio di bilancio è ormai all’ultimo miglio: in base all’ultima legge di bilancio (la 10ª di marca conservatrice), depositata l’11 febbraio scorso dal Ministro delle Finanze Jim Flaherty alla Camera dei Comuni, nel 2015 (anno in cui i canadesi saranno chiamati alle urne) il Paese conoscerà un surplus di 6.4 miliardi $. Per il 2014-2015, invece, il titolare delle Finanze prevede  un deficit pari a 2.9 miliardi $, il risultato cioè della differenza tra le entrate pari a 276.3 miliardi $ e le uscite che ammonteranno a 279.2 miliardi $. Ma, grazie a 3 miliardi messi da parte per gli imprevisti, il bilancio raggiungerebbe comunque un leggero sopravanzo. La ricetta per raggiungere ad ogni costo il pareggio di bilancio è ancora una volta l’austerità. In questo senso, Flaherty ha limitato al massimo i nuovi capitoli di spesa (‘solo’ 5.8 miliardi $ in 6 anni “per sostenere il lavoro e la crescita), ritardando l’acquisto dei nuovi equipaggiamenti per le forze armate (per risparmi pari a 3.1 miliardi) ma, soprattutto, aumentando le tasse di accise sui cartoni di sigarette (tagli per 3.3 miliardi in 6 anni) e riducendo la generosità del regime pensionistico e di quello sanitario per i funzionari federali (tagli per 7.4 miliardi in 6 anni). Oltre a congelare per altri 2 anni le spese dei funzionari dei Ministeri (risparmi pari a 1.650 miliardi). “Un budget noioso -  lo ha definito Flaherty -  ma proprio per questo un buon budget”. Più nel dettaglio, il prezzo di un cartone con 200 sigarette costerà dai 4 ai 6 $ in più (+2 centesimi a sigaretta, +50 a pacchetto), mentre i funzionari federali in pensione (circa 300 mila) dovranno ‘finanziare’ la metà (e non più solo il 25%) del loro regime di assicurazione sanitaria (in media da 300 a 600 $) con l’aggravante di potervi accedere dopo 6 anni e non più dopo 2. Non solo tagli e, quindi, provvedimenti repressivi. ll governo punta anche a stimolare la crescita con investimenti mirati e strategici: 1.5 miliardi in 5 anni per Apogée Canada, il nuovo fondo di eccellenza nella ricerca; 154 milioni in 5 anni per migliorare il programma di salubrità dell’Agenzia canadese d’ispezione degli alimenti; 500 milioni in 2 anni per l’innovazione nel settore automobilistico; 391.5 milioni in 5 anni per la manutenzione di strade, ponti e parchi nazionali; 200 milioni in 5 anni per il programma nazionale di attenuazione delle catastrofi; 165 milioni in 2 anni per la costruzione del nuovo Ponte Champlain; 105 milioni per le Arti e 90.4 milioni in 2 anni per il sostegno dell’industria forestale. Infine, il credito d’imposta per i costi di adozione viene  potenziato, portando la cifra massima imponibile a 15 mila $. Non si sono fatte attendere, naturalmente, le critiche delle opposizioni. Secondo Thomas Mulcair, leader dell’NDP, “non c’è niente in questo bilancio che crea lavoro, mentre sono 300 mila in più le persone disoccupate oggi rispetto al 2008”. 
Per il leader liberale Justin Trudeau, i conservatori “si sono dimenticati di puntare sulla crescita economica che determina la prosperità della popolazione”, mentre per il leader del Bloc québécois Louis Plamondon, “è un budget deludente per il Québec”.

Il Ministro Julian Fantino: il Canada vuole un’Italia forte

Il Ministro degli ex combattenti sprona l’Italia a uscire dalla crisi, difende il budget conservatore e critica i propositi indipendentisti del governo quebecchese


“Il Canada ha bisogno di un’Italia forte e protagonista sulla scena internazionale. Il budget appena varato da Ottawa è il migliore possibile in un momento economico ancora difficile. Il Canada senza il Québec non sarebbe più lo stesso Paese e i quebecchesi fanno parte a tutti gli effetti della nazione canadese”. Sono alcuni dei passaggi più significativi dell’intervista realizzata con Julian Fantino, Ministro degli ex combattenti, da sempre molto orgoglioso delle sue origini friulane.

“La situazione economica in Italia – ha detto - è molto delicata. Come membro del G7, il Canada è molto preoccupato: nel Belpaese c’è ancora molto da fare per uscire dalla crisi. È indubbio, poi, che l’instabilità politica e la mancanza di fiducia dei cittadini nella classe dirigente renda la strada ancora più in salita. L’impressione è che la mancanza di leadership e di organizzazione, così come le critiche e le polemiche che investono ogni giorno il sistema politico, disperda le migliori energie che invece potrebbero essere incanalate per varare provvedimenti a favore della crescita economica e della creazione di nuovi posti di lavoro. L’Italia ha enormi potenzialità ed ha grandi opportunità per uscire da questo momento di difficoltà. Proprio mentre stiamo discutendo i dettagli operativi del Trattato di libero scambio con l’Unione Europea, non possiamo permetterci che l’Italia resti indietro. La mia speranza è che quest’enorme opportunità possa aiutare l’Italia a ripartire. Con un’economia sempre più globalizzata e i rapporti di import/export sempre più stretti, è molto importante che l’Italia torni a giocare un ruolo da protagonista. Attraverso il Trattato, contiamo di potenziare ancora di più le relazioni commerciali tra le due sponde dell’Atlantico, a cominciare dai prodotti alimentari, come olio e vino, e dai capi di abbigliamento. Tra Ottawa e Roma c’è un rapporto di grande collaborazione: nei mesi scorsi il Primo Ministro Letta è venuto in visita a Ottawa, dove ha ricevuto un trattamento regale da parte di Stephen Harper, che ha colto l’occasione per dimostrare la grande considerazione del nostro Paese per l’Italia e per la Comunità italo-canadese. Ed a fine aprile è in programma la visita di una delegazione del Parlamento italiano”.

“Budget noioso ma buono”. “Come ha detto il Ministro Flaherty, è una legge di bilancio noiosa ma proprio per questo buona. Considerata la congiuntura economica internazionale, il Canada sta andando nella giusta direzione. Il bilancio appena depositato rappresenta un significativo passo avanti verso il pareggio di bilancio che raggiungeremo nel 2015. Dal 2009, il nostro governo è stato in grado di creare oltre un milione di posti di lavoro, molti dei quali ben retribuiti e a tempo indeterminato. Tuttavia dobbiamo restare vigili: i tassi di interesse sono ancora bassi e dobbiamo fare in modo che la gente non s’indebiti eccessivamente. Abbiamo rafforzato la sicurezza pubblica, con un occhio di riguardo verso le vittime di abusi sessuali e il contrabbando di tabacco. Senza dimenticare le agevolazioni per le imprese e gli investimenti per i Parchi nazionali. E tutto questo senza aumentare le tasse, cercando invece di ridurle. Credo sia il migliore budget possibile in un momento economico ancora difficile”.

“Tristi i propositi sovranisti della Marois”. “Nel rapporto con le Province, il governo sta facendo del suo meglio, a partire dagli ingenti trasferimenti per l’assistenza sanitaria. Invece di lamentarsi, i governi dovrebbero dare prova di responsabilità, come sta facendo l’Ontario. Per quanto riguarda il Québec, Ottawa non perde occasione per dimostrare il suo rispetto per la sua specificità storica, culturale e linguistica. Credo che i propositi sovranisti riproposti dal Primo Ministro Marois siano molto tristi: il Canada senza il Québec non sarebbe più lo stesso Paese e i cittadini del Québec fanno parte a tutti gli effetti della nazione canadese. Un’eventuale separazione sarebbe contraria ai sogni e ai sacrifici dei nostri padri, che hanno fatto tanto per fare del Canada uno dei Paesi più evoluti, civili e pacifici del mondo”.

ASCOLI: L'ITALO-CANADESE BELLINI È IL NUOVO PROPRIETARIO



L'imprenditore nato ad Ascoli Piceno: "Lo stadio Del Duca deve tornare ad essere pieno"





Nuova vita per l’Ascoli. Dopo il fallimento, la società marchigiana ha trovato un nuovo proprietario. L'Ascoli Picchio Football Club 1898, società che fa capo all'imprenditore farmaceutico italo-canadese Francesco Bellini, si è aggiudicata all'asta la titolarità del vecchio club che militava nella Lega Pro prima Divisione, girone B, dopo i fasti del passato che videro i bianconeri calcare i campi della serie A, anni legati soprattutto alla presidenza del vulcanico ed indimenticato Costantino Rozzi. L'annuncio è stato dato il 6 febbraio scorso dal giudice delegato ai fallimenti del tribunale di Ascoli, Raffaele Agostini, dopo aver aperto l'unica busta pervenuta all'asta e averne verificato la rispondenza al bando, che prevedeva un'offerta minima di 860 mila euro. In festa un migliaio di tifosi in attesa. "Dateci tempo, c'è tanto da lavorare, ma insieme possiamo fare buone cose", ha detto Bellini, che per l'occasione ha coniato lo slogan ''Sogniamo insieme''. "Per prima cosa bisognerà rifondare la società e darle solide basi, e solo dopo si potrà ripartire", ha aggiunto il nuovo proprietario, portato in trionfo nel centro della città da centinaia di tifosi e cittadini entusiasti. "Lo stadio Del Duca deve tornare ad essere pieno - ha concluso, rivolgendosi ai tifosi: - dovete venire tutti." Nato ad Ascoli Piceno 67 anni fa, Francesco Bellini, imprenditore farmaceutico di fama mondiale, da ragazzo si trasferì in Canada dove creò la sua fortuna grazie alla scoperta di un farmaco antivirale ancora oggi impiegato per combattere l’Aids. Nella società di cui detiene il 70% delle quote, figurano inoltre il vice Piero Palatroni (11%), il consigliere Gianni Lovato (giornalista, l’unico non ascolano), gli imprenditori Battista Faraotti (10%), Giuliano Tosti (7%) e Gianluca Ciccoianni (2%).



RAI ITALIA, Piero Corsini: “Servirvi è una sfida emozionante e avvincente”

Il Direttore Editoriale di Rai Italia: “L’interesse, anzi, l’amore delle nuove generazioni per l’Italia e la lingua italiana sembra crescere in misura proporzionale di padre in figlio. Ho già effettuato alcuni incontri con le Comunità italiane di Toronto e New York, e ho avuto la riprova, se mai ce ne fosse bisogno, di quanto sia importante  il contatto diretto con gli spettatori”

Dr. Piero Corsini, dopo tanti anni in Rai (dal 1986) e la collaborazione con Giovanni Minoli per la realizzazione di programmi di successo come ‘Mixer’ e ‘La Storia siamo noi’, il salto a Rai Italia, di cui oggi è Direttore Editoriale. Cosa l’ha spinta verso questa nuova avventura?
Direi che è stata la straordinaria opportunità di applicarmi ad una accezione diversa di servizio pubblico. Quei programmi che lei ha citato parlavano agli italiani in Italia: un pubblico vastissimo ma sostanzialmente omogeneo in quanto a riferimenti culturali, politici, sociali. Era cioè un pubblico che, per dire così, “respirava la stessa aria”. Il pubblico di Rai Italia, invece, oltre ad essere potenzialmente ancora più vasto, è assolutamente eterogeneo: è sparso in quattro continenti, racchiude in sé esperienze, storie, sensibilità, prospettive generazionali completamente differenti. Eppure, le radici comuni legano tra loro tutti questi milioni di spettatori. Servire questo pubblico è una sfida emozionante e avvincente.

Lei ha scritto diversi libri sulla storia recente del Belpaese. Quale storia l’ha intrigata di più? Ed ha un ricordo di “storia di emigrazione” che l’ha particolarmente colpita?
Per quanto riguarda la storia italiana recente, mi interessano, da sempre, gli anni del terrorismo, una tragedia su cui, credo, siamo ancora piuttosto lontani dal sapere tutta la verità. Per quanto riguarda invece l’emigrazione, una delle storie più affascinanti in cui mi sono imbattuto è quella di Carlo Borsari, che ha sostanzialmente fondato la città di Usuhaia, in Argentina, l’avamposto abitato più a sud del pianeta. È una storia in cui c’è tutta l’esperienza dell’emigrazione italiana: c’è l’avventura, il coraggio, la determinazione, l’intuizione imprenditoriale, il sacrificio, la lontananza, la voglia di farcela ad ogni costo. 

Da quando è al timone di Rai World, e quindi di Rai Italia, il canale dedicato agli italiani all’estero è tornato a proporre programmi ad hoc per i connazionali nel mondo. Sarà questa la tendenza anche per i prossimi anni? Magari potenziando l’informazione di ritorno e la trattazione di tematiche come pensioni, cittadinanza. sanità, ecc.?

Per quanto riguarda il futuro, la premessa è che la convenzione tra la Rai e la Presidenza del Consiglio dei Ministri per Rai Italia scadrà nel dicembre 2015: questo ci dà un orizzonte progettuale che, naturalmente, ci aiuta molto. Per quanto riguarda il resto della domanda, in realtà tutte e due le cose sono già presenti: l’informazione di ritorno, infatti, è una realtà grazie alla sinergia con Rai Scuola, il canale di Rai Educational diretto da Silvia Calandrelli, che tutti i sabati e le domeniche (sia in Italia che in tutta Europa) propone due puntate (delle cinque settimanali) di Community – L’altra Italia. L’informazione di ritorno è dunque, grazie a questa sinergia virtuosa, una realtà. È un primo passo, che sappiamo essere stato molto apprezzato dai nostri connazionali nel mondo. Per quanto riguarda invece le tematiche più “di servizio”, come quelle da lei elencate, sempre dentro Community, ogni giorno, c’è la rubrica InfoCommunity, in cui rispondiamo con l’aiuto di esperti alle e-mail degli spettatori proprio in materia di pensioni, residenza, tasse, cittadinanza, etc.

A parte il calcio, ha già avuto modo di pensare a qualche programma ad hoc per intercettare anche l’attenzione dei più giovani, degli italiani di 3ª e 4ª generazione? E come pensa di catturare, invece, l’interesse dei nuovi emigranti, giovanissimi e specializzati?

Questo è uno degli aspetti più stimolanti di quella sfida di cui parlavo prima. L’interesse, anzi, l’amore delle nuove generazioni per l’Italia e la lingua italiana sembra crescere in misura proporzionale di padre in figlio. Ecco perché abbiamo pensato a un programma come ‘Campus Italia’, che ogni settimana, con un linguaggio agile e veloce, racconta ai giovani (e ai loro genitori) quali opportunità di studio, stage, impiego ci siano in Italia. È un’occasione per scoprire che in Italia quelle opportunità esistono, e anche per scoprire la meraviglia di quelle città in cui, appunto, si tengono i corsi o c’è necessità di lavoro.

Tra le nuove trasmissioni, come ‘Community – L’altra Italia’, ‘Un giorno nella Storia’, ‘Camera con vista’, ‘Doc! Doc!’, ‘Speciale Community – Voci d’Italia’ e il nuovissimo ‘Campus Italy’, quale sente più a ‘sua immagine e somiglianza’? Sta già pensando a nuovi programmi?
Sono particolarmente fortunato, perché lavoro insieme a una squadra di enorme talento, entusiasmo e competenza. È con questa squadra che siamo riusciti a tradurre in programmi televisivi – anche quotidiani, con la particolare difficoltà che questi comportano – il doppio binario su cui abbiamo impostato il nuovo palinsesto di Rai Italia: raccontare da un lato l’Italia agli italiani nel mondo, e dall’altra le comu nità dei nostri connazionali all’estero. Quanto ai nuovi programmi, non vorrei anticipare nulla: spero soltanto che, nei prossimi mesi, Rai Italia continui ad arricchirsi di nuove proposte per i nostri spettatori.

Rai Italia è più di un semplice canale televisivo: è l’emblema vivente del Bel Paese, veicola l’immagine dell’Italia di oggi: dalla lingua alla cultura, dalle tradizioni al Made in Italy. Quanto le pesa questa enorme responsabilità nei confronti di oltre 80 milioni di oriundi?
È, come dice lei, una responsabilità enorme. Ma, ripeto, nella mia vita professionale ho avuto la fortuna di lavorare sempre a programmi a forte impronta di servizio pubblico. Dunque cerco di non farmi “intimidire”, per dir così, dalla quantità di spettatori potenziali sparsi nel mondo, e di continuare a lavorare con lo scrupolo e il senso di responsabilità che mi viene da una profonda consapevolezza dell’importanza e del ruolo del servizio pubblico.

Quanto le sembra attuale e fattibile l’idea di realizzare un film sulla storia dell’emigrazione italiana?
Mi sembra sia attuale che fattibile, e credo anzi che sarebbe tempo che anche il nostro cinema – così come il cinema di Hollywood da tanti anni a questa parte – affrontasse questo passaggio così significativo e importante della storia del nostro Paese.

L’idea di ‘passare in rassegna’ le Comunità sparse nel mondo attraverso la stampa italiana ci è sembrata geniale: che idea si è fatta della Comunità italiana di Montréal attraverso il Cittadino Canadese?
Quando sono stato nominato Responsabile Editoriale di Rai Italia, una delle prime cose che mi ha incuriosito – perché, da semplice viaggiatore, non me ne ero mai reso conto – è stata scoprire che, per gli italiani che vivono, poniamo, a Sydney, è importantissimo e interessantissimo conoscere le storie e mettersi in contatto (anche solo “virtualmente”) con i connazionali che vivono, ad esempio, a Montréal appunto. È da questa scoperta che è nato Community, e da Community sono poi nati gli Speciali dedicati appunto ai giornali presenti nelle Comunità. Mentre sono stato più volte a Toronto, non sono ancora mai stato, purtroppo, a Montréal: spero di colmare presto questa lacuna, ma nel frattempo l’idea che mi sono fatto è quella di una Comunità molto numerosa, viva e orgogliosa delle sue tradizioni quanto perfettamente integrata con il dinamismo del Canada.

E quando verrà a visitare una Comunità vivace e attiva come quella di Montréal?
Come dicevo, spero di venire presto. Ho già effettuato alcuni incontri con le Comunità italiane di Toronto e New York, e ho avuto la riprova, se mai ce ne fosse bisogno, di quanto sia importante  il contatto diretto con gli spettatori: ecco perché mi ripropongo, nei prossimi mesi, di viaggiare molto per conoscere anche altre realtà.

Montréal, legge di bilancio: tasse in aumento del 2.8%


“Una legge di bilancio pragmatica ed equilibrata”. Così il Sindaco di Montréal Denis Coderre ha ‘battezzato’ il primo budget della sua amministrazione. Un budget (di 4.9 miliardi di dollari) che, se da un lato mira a razionalizzare la spesa, dall’altra non risce a contenere l’impennata delle imposte fondiarie (la più importante fonte di reddito per le casse del Comune: quest’anno si prevedono entrate pari a 3.1 miliardi, il 68% del budget). A spese del contribuente medio (proprietario di una casa unifamiliare del valore di circa 377 mila dollari), che nel 2014 si ritroverà mediamente con 96 $ in meno in tasca.

L’aumento medio delle tasse residenziali, infatti, sarà pari al 2.8%: l’1.9% imposto dal Comune e il restante 0.9% da parte degli arrondissments. Con notevoli differenze tra i singoli quartieri. In particolare, i residenti di Anjou, Plateau-Mont-Royal e Rivière-des-Prairies-Pointes-aux-Trembles dovranno far fronte ad aumenti pari addirittura al 5%. Viceversa, quelli che vivono a Montréal-Nord, Ahuntsic-Cartierville e Ville-Marie subiranno rincari poco superiori all’1%. Tra gli altri quartieri: Anjou 4.9%, Lachine 3.1%, LaSalle 1.8%, Montréal-Nord 1.%, Rivières-des-Prairies-Pointe-aux-Trembles 5.3%, Rosemont-La-Petite-Patrie 2.6%, Saint-Léonard 2.6%, Villeray-Saint-Michel-Parc-Extension 3.1%. È andata meglio ai commercianti, che in media avranno l’1.8% di tasse in più da pagare: +4.4% a Plateau ma -0.2% a Lachine. 

“Questo budget – ha aggiunto Coderre – è solo la prima tappa nel processo di transizione dal vecchio al nuovo modo di amministrare la città”. Nonostante i 175 milioni di deficit, ha sottolineato il Sindaco, la promessa elettorale è salva: l’aumento delle tasse (dell’1.9%) resta in linea con quella dell’inflazione, pari al 2%. Nel calcolo, naturalmente, restano escluse le tasse che i cittadini devono ai 19 arrondissment. Per un aumento complessivo che sale al 2.8%, come ha fatto notare il capo dell’Opposizione ufficiale, Richard Bergeron. Secondo il leader di Projet Montréal, questo budget potrebbe benissimo essere la 12ª o 13ª manovra di Gérald Tremblay: “Zero coraggio, zero prospettive e zero cambiamento”, ha attaccato. 

Ma la nuova amministrazione ha rispedito al mittente le critiche facendo notare, con il responsabile delle finanze (nonché presidente del Comitato esecutivo) Pierre Desrochers, che se avessero dovuto sborsare tutti i soldi previsti dall’amministrazione precedente, sarebbe stato necessario aumentare le tasse addirittura del 7%. Al contrario, Coderre ha effettuato tagli sostanziali nella funzione pubblica, con risparmi fino al 5% della massa salariale, ovvero 22 milioni di dollari. “Senza compromettere in alcun modo i servizi essenziali”, ha precisato il Primo Cittadino. A questi tagli si aggiungono riduzioni pari a 60 milioni sulle spese del Comune (-5.2% ai servizi di pianificazione e sviluppo urbanistico) e di altri 20 milioni sul regime pensionistico (che nel 2014 graveranno sulle tasche dei contribuenti per 514 milioni). I dipartimenti che hanno beneficiato di importanti aumenti sono stati quello della sicurezza pubblica (+2.3%) e del tempo libero/cultura (+1.4%). Oltre ai 5 milioni stanziati per la creazione dell’Ispettorato generale. Dopo anni di crescita, brusca frenata anche per il numero di dipendenti: nel 2014 saranno 22.425, 2 in meno rispetto all’anno scorso. 

Una cosa è certa: il 2.8% di tasse in più costringerà molti locatori ad aumentare gli affitti. E dato che il 68% dei montrealesi vive in affitto, il loro potere d’acquisto subirà una brutta battuta d'arresto.

QUEBEC - Il dibattito sulla legge contro i simboli religiosi


L'EDITORIALE - Carta dei valori, un palliativo pechista per mascherare i fallimenti economici

Non si capisce (o forse è fin troppo evidente) per quale remoto e sfuggente motivo il governo pechista del Québec si ostini a incentrare tutto il dibattito politico sulla ‘Carta dei Valori’, una legge dello Stato (per fortuna ancora in fase di discussione) che mira a disciplinare l’abbigliamento dei dipendenti statali e parastatali (ospedali, tribunali e scuole) mettendo al bando simboli religiosi “sconvenienti” (perché ostentano una fede che potrebbe infastidire l’intelocutore di turno), come hijab, burqa, kippa, turbanti, sikh e... croci cristiane. Un vero e proprio “proibizionismo estetico” in nome di una laicità e neutralità dello stato nella loro accezione più oscurantista e repressiva. In pratica, lo Stato pretende che, nell’esercizio delle proprie funzioni, i dipendenti si spoglino delle proprie convinzioni religiose, della propria cultura, per diventare degli automi asettici e acefali. Uno “sdoppiamento di personalità”, solo per poche ore, 8 in tutto. Da vivere in apnea. Per poi tornare a pensare liberamente. E a decidere cosa indossare senza diktat del governo. Governo che confonde deliberatamante (e clamorosamente) due piani distinti e separati: la laicità dello Stato come ente, aspirazione legittima e opportuna, con quella dei suoi funzionari. Lo Stato deve essere laico e neutrale nei suoi “fini” (atti, leggi, regolamenti, burocrazia, amministrazione), non nei suoi “mezzi”: uomini e donne che, nel rispetto del buonsenso e della pubblica decenza e convenienza, hanno il sacrosanto diritto di vestirsi come meglio credono. Non ci risultano ricerche, studi o, peggio ancora, episodi di violenza e intolleranza che possano giustificare un tale “accanimento” del partito al potere per una ‘Carta’ di cui nessuno avverte la necessità. E che invece ha acuito le tensioni sociali fino a risvegliare gli istinti più beceri tra le diverse anime religiose che caratterizzano il mosaico sociale quebecchese. Un effetto collaterale stigmatizzato dalla stessa Chiesa Cattolica, scesa (finalmente) in campo con un ‘pezzo da 90, l’arcivescovo di Québec Gérald Cyprien Lacroix, che ha parlato di “misura superata”. Chiesa che sembra aver assunto il ruolo di opposizione, facendo le veci di un Partito Liberale incapace di formulare delle controproposte solide, coerenti e articolate. Tant’è che il PQ ha imposto senza discussioni la sua strategia: consultazioni pubbliche per un totale di 250 ore di audizioni, 3 volte alla settimana, fino alla metà di aprile. Quando il governo prenderà atto delle conclusioni, senza però essere obbligato ad adottarle. Un palliativo, insomma, un “dose di oppio” per il popolo quebecchese, un modo per mettere in quarantena tutto il resto, facendo della Carta una sorta di ossessione collettiva, per distogliere l’attenzione da un quadro economico piuttosto allarmante, che il governo ha tutto l’interesse a mascherare. Le cifre parlano chiaro. Il tasso di occupazione del Québec si attesta sul 60,3%, al 7º posto tra le Province Canadesi (sono 10 in tutto), con l’Alberta in testa col 69,4%. Il numero di lavoratori a tempo pieno è diminuito dell’1.73% tra gennaio e dicembre 2013: è il dato peggiore del paese, mentre l’Alberta vola con un +2.2 %. La durata media della disoccupazione è pari a 24.1 settimane, la peggiore in Canada, 10 settimane in più di quanto si registra in Alberta. Solo l’1% degli imprenditori della Belle Province ha assunto nel corso del primo trimestre del 2014, contro l’8% in Ontario e nelle province atlantiche, il 12% in Canada e addirittura il 17% nelle province dell’ovest. Secondo le ultime statistiche, il reddito pro capite quebecchese è il più debole del Paese, ad eccezione dell’Isola del Principe Edoardo. Tra le province atlantiche, infine, sarà il Québec a registrare la crescita economica più lenta: l’1.8% contro il 2.3% in Canada e il 3.2% in Alberta. Senza trascurare lo stato pietoso in cui versano le infrastrutture stradali (il 56% delle quali risalgono agli anni ‘60-’70) e le inquietanti rivelazioni che stanno emergendo dalla Commissione Charbonneau su un livello di corruzione quasi patologico che ha attecchito (e in profondità) nelle sfere più alte del potere.
Insomma, le priorità sono altre e urgenti: per disciplinare l’ “abbigliamento di stato” basterebbero i tribunali (nei casi più eclatanti), lasciando il Parlamento libero di legiferare sui temi veramente decisivi per il futuro della Provincia.


Il 'Cittadino Canadese' su Rai Italia



Protagonista dell’ultima puntata di ‘Speciale Community’


Il 5 gennaio scorso, la memoria storica del giornale, così come i luoghi strategici della Comunità, sono stati passati al setaccio dallo ‘sguardo’ lucido e vigile della telecamera, che ha ‘raccontato’ la Montréal italiana di oggi attraverso una trama quasi cinematografica




Trenta minuti per passare in rassegna 73 anni di storia del giornale italiano più antico del Canada e per ‘raccontare’ la Comunità italiana di Montréal, tra le più numerose, vivaci e attive al mondo. Il 5 gennaio scorso, su Rai Italia, è andata in onda l’ultima puntata di ‘Speciale Community – Voci d’Italia’, una trasmissione dal taglio documentaristico ideato dall’amministratore delegato Piero Alessandro Corsini per conoscere (e far conoscere) più da vicino la realtà degli italiani all’estero attraverso i “loro” giornali. Una felice intuizione che rafforza la necessità e legittima l’aspirazione di fare dell’ “informazione di ritorno” il valore aggiunto di un palinsesto che volta (finalmente) le spalle ad un approccio ‘a senso unico’. È solo un inizio, ma, se il buongiorno si vede dal mattino, la strada intrapresa è quella maestra per un approccio rinnovato che vedrà gli ‘italiani nel mondo’ rivestire un ruolo sempre meno passivo nel rapporto con la Madrepatria. Nel nostro piccolo, anche noi abbiamo dato il nostro contributo a questa svolta nei rapporti con l’altra sponda dell’Atlantico. Protagonista dell’ultima puntata di ‘Speciale Community’, infatti, è stato proprio il “Cittadino Canadese”, che il 20 e 21 dicembre scorsi ha ospitato nella sua redazione un regista della Rai giunto appositamente da Roma. È stato un viaggio nel tempo ma anche nello spazio, con la memoria storica del giornale così come i luoghi strategici della Comunità, passati al setaccio dallo ‘sguardo’ lucido e vigile della telecamera. In tutto 30 minuti di ‘racconto’ con un’impostazione quasi cinematografica: un’altalena di interviste, panoramiche della città, inquadrature in movimento, camera car, oggettive, soggettive in uno spartito tenuto insieme da una “voce fuori campo”. A dare il via al ‘racconto’ è stato il direttore generale, Basilio Giordano, che ha esposto innanzitutto i motivi alla base della sua scelta di emigrare in Canada oltre 35 anni fa; e poi ha illustrato i 73 anni del Cittadino Canadese passando in rassegna alcune delle prime pagine storiche che oggi campeggiano sulle pareti della redazione. Subito dopo è toccato al sottoscritto, da oltre 6 anni caporedattore del settimanale, spiegare il ruolo, il significato e la funzione che riveste oggi il “Cittadino Canadese”: mantenere stretto il rapporto con l’Italia e la cultura italiana riportando le notizie più importanti che arrivano dal Belpaese, ma anche illustrare quanto accade in Canada e in Québec con un approccio italiano grazie anche (e soprattutto) all’utilizzo continuativo e convinto della ‘lingua di Dante’. Subito dopo, per dare al ‘racconto’ un approccio un pò più vivace, dinamico e movimentato, ci siamo spostati all’esterno, sfidando il freddo proibitivo (-20) e la bufera di neve che ha imperversato senza sosta per oltre 48 ore. Abbiamo preso per mano il regista per offrirgli un ‘affresco’ il più possibile completo della realtà italo-montrealese di oggi. E così ecco la visita ai Marchigiani nel corso di una cena dell’Associazione a base di prodotti tipici; la puntatina al ristorante-club ‘Buonanotte’, locale di ritrovo ‘trendy’ soprattutto per i più giovani; un salto alla pizzeria ‘La Bottega’, gestita con successo da Massimo Covone, figlio d’arte; e un caffè al bar “Italia”, nel cuore della Petite-Italie. Quindi la visita alla Cassa Popolare Canadese-Italiana Desjardins, accolti dal direttore Mariano De Carolis; un giro a Radio CFMB, la radio italiana di Montréal, ospiti di Ivana Bombardieri; una visita all’Ospedale Santa Cabrini, fondato nel 1960 dalla Congregazione delle suore missionarie del Sacro Cuore; un salto alla Casa d’Italia, costruita nel 1936 e primo centro di aggregazione della ‘colonia’ italiana in città; e una visita al Centro Leonardo da Vinci, dal 2002 il cuore pulsante, il fiore all’occhiello della nostra Comunità, un’incredibile fucina di attività culturali, artistiche, sportive e sociali per tutte le età e tutte le stagioni. Senza dimenticare il ‘punto di vista istituzionale’, con il Console Enrico Padula che ha raccontato l’italianità di una città nordamericana eppure tanto europea come Montréal. Nei prossimi giorni renderemo disponibile, sul sito e sulla pagina Facebook del “Cittadino Canadese”, la puntata di ‘Speciale Community’: una puntata che Rai Italia riproporrà a più riprese anche nel 2014 e che ha riscosso un enorme successo nella Comunità (ringraziamo, a proposito, tutti coloro che ci hanno scritto o chiamato). E che dimostra ancora una volta la centralità e l’attualità di un giornale che ha fatto, e che continua a fare, la storia degli Italiani in Nord America.